Lo strano destino di Lorenzo Montipò

Il destino a volte riserva strani incroci che, in qualche caso, possono rappresentare dei veri e propri punti di svolta nella stagione di un calciatore. Lorenzo Montipò, portiere di scorta della Nazionale Under 21 di Luigi Di Biagio, l’ha capito e in queste ore ce la sta mettendo tutta per farsi trovare pronto.

I dubbi di Bucchi

Dopo le ennesime incertezze di una stagione fin qui non proprio esaltante, Christian Puggioni non è più il titolare indiscusso di qualche settimana fa. Il calciatore sabato scorso è stato persino fischiato dal pubblico, particolarmente deluso per l’inaspettata sconfitta interna contro l’Ascoli e per la prestazione non proprio esaltante dell’ex portiere della Sampdoria.

E anche Cristian Bucchi ha capito che occorre cambiare qualcosa, perchè altri passi falsi potrebbero mettere in discussione la sua stessa permanenza sulla panchina giallorossa.

Non è casuale, quindi, che in settimana si sia intrattenuto con Lorenzo Montipò dopo il consueto allenamento settimanale a porte aperte, a cui – tra l’altro – ha pure assistito il procuratore del calciatore, Alberto Jimmy Fontana, che ha parlato a lungo con il presidente Oreste Vigorito e il direttore sportivo Pasquale Foggia. Poi, stamani l’annuncio ufficiale del suo impiego da titolare in conferenza stampa

L’esperienza di Carpi

Montipò, dunque, esordirà nella trasferta di Carpi, città nella quale due anni il fa sperava  di trovare la definitiva consacrazione e dove, invece, visse per qualche mese quasi da separato in casa.

L’estremo difensore dell’Under 21 veniva da un’ottima stagione in Lega Pro con il Siena, la squadra a cui il Novara lo aveva girato in prestito dopo qualche fugace apparizione nella serie cadetta. Montipò aveva infatti bisogno di giocare, ma il Carpi preferì puntare su Vid Belec (il cui trasferimento era saltato nelle ultime ore del mercato estivo) e Simone Colombi e al giovane pipelet, complice soprattutto un infortunio alla mano, non restò che tornare al Novara nella finestra di mercato di gennaio.

La possibile rivincita

Sabato prossimo, quindi, Montipò esordirà con la maglia giallorossa proprio nello stadio in cui sperava di spiccare il volo e contro il tecnico Fabrizio Castori che lo allenò per qualche mese.

Un’ottima occasione, duqnue, per dimostrare il suo valore anche ai tifosi del Carpi, oltre che a quelli del Benevento, e prendersi una clamorosa rivincita nei confronti di chi due anni fa non gli concesse una chance.

Il 4-3-3 non può più essere un dogma intoccabile

Cristian Bucchi in queste ore è finito inevitabilmente sulla graticola. E non poteva essere diversamente, visti i risultati e la qualità del gioco sinora espresso dalla squadra.

Il tecnico nelle ultime settimane ha provato a cambiare qualcosa. L’ultimo tentativo è stato quello operato sabato scorso con l’arretramento di Nocerino davanti alla difesa e il contestuale spostamento di Viola qualche metro più avanti. Poi, c’è stato anche il consueto passaggio, a partita in corsa, ad un più arrembante 4-2-4.

Le difficoltà in fase di prima impostazione

I risultati, però, non sono stati soddisfacenti, anche perché il punto debole del Benevento è continuato a essere la difficoltà in fase di prima impostazione. La stessa carenza che, tra l’altro, emerse anche un anno fa, subito dopo la squalifica di Lucioni. Poi, l’arrivo di Sandro, che sgravò Viola dai compiti di prima impostazione, e il contemporaneo arrivo del centrale difensivo Tosca, capace di impostare la manovra al pari di Lucioni, finirono per risolvere il problema.

La questione si è dunque riproposta perché Volta, Billong e Costa hanno mostrato di prediligere lentissimi e poco rischiosi giro-palla o inutili lanci in avanti, mentre Viola, come nella prima fase dello scorso campionato, ha mostrato evidenti difficoltà quando è pressato e deve andare a raccogliere la palla dai difensori. Un problema che Bucchi ha cercato di superare anche ricorrendo ai lanci lunghi di Puggioni ma anche in questo caso con scarsi risultati.

L’utilizzo del double pivot

Di qui probabilmente la necessità di valutare un radicale cambio d’impostazione tattica. Viola per rendere al massimo ha bisogno di un altro centrocampista al suo fianco. Per esperienza e per caratteristiche tecniche potrebbe essere Nocerino, per dinamicità e senso tattico potrebbe essere Del Pinto, che però al momento è infortunato.

L’utilizzo del double pivot necessita, a sua volta, anche della presenza di altri centrocampisti in grado di dare corsa e creare densità, vista la scarsa dinamicità di Viola e Nocerino. Questo, però, significa optare per un centrocampo a quattro e una difesa a tre (3-4-3) se si vuole continuare a sfruttare l’ampiezza di ali presenti in rosa (Insigne, Buonaiuto, Improta e Ricci), oppure optare per il 4-4-2 o il 4-2-3-1 se non si vuole rinunciare alla difesa a quattro.

I dubbi sul 4-3-3

Sono questi i dubbi che probabilmente dovrebbero attanagliare in queste ore la mente di Bucchi, che sabato scorso – non dimentichiamolo – è stato anche condizionato dalla contemporanea indisponibilità di Antei, Tuia, Bandinelli, Bukata e Del Pinto.

In ogni caso il 4-3-3, nonostante sia lo schema di gioco preferito dal tecnico e il vestito cucito addosso alla squadra in estate, non può più essere un dogma intoccabile, anche perché, come diceva la filosofa Helena Blavatsky, “i dogmi sono giocattoli che divertono solo i bambini incapaci di ragionare“.

Troppi errori e troppi giocatori in ombra (da Puggioni a Viola). Benevento, che succede?

La sconfitta interna rimediata contro l’Ascoli rappresenta un preoccupante campanello d’allarme per il Benevento, molto più dei precedenti ko rimediati contro Foggia e Pescara.

Ancora una volta, dopo un avvio promettente, la squadra di Bucchi è progressivamente calata lasciando l’iniziativa agli avversari, apparsi tutt’altro che irresistibili.

Gli errori individuali

A pesare sul risultato finale sono stati soprattutto i soliti errori individuali. Sulla prima rete si parte dall’errore di Letizia, che ha consentito a Laverone di crossare agevolmente dalla fascia, per finire all’errore di piazzamento di Billong, Gyamfy e Volta (costretto a intervenire in affanno) e alla mancata reattività di Puggioni nell’area di sua competenza.

Sulla seconda rete, invece, l’errore dell’estremo difensore giallorosso è stato ancora più evidente perché il suo frettoloso rinvio ha colto impreparati i compagni, posizionati male, e ha consentito a Ninkovic di tirare comodamente dal limite dell’area.

Un errore, quello di Puggioni, che ha poi finito per condizionare pesantemente il proseguo dell’incontro e che va ad aggiungersi a quelli già compiuti dall’estremo difensore sannita nelle gare interne con Lecce e Foggia.

Inoltre, il Benevento è apparso, ancora una volta, incapace di trovare una contromisura alle scelte tattiche adottate dagli allenatori avversari per impedire lo sviluppo del gioco sulle fasce. A nulla è valsa la scelta di Bucchi di abbassare Nocerino nel ruolo di play basso e di avanzare Viola per sottrarlo alle asfissianti marcature delle squadre avversarie.

Le difficoltà di Viola

Anche ieri, tra l’altro, Viola è apparso in evidente difficoltà e ha riportato alla mente il giocatore che nella prima parte dello scorso campionato di Serie A faticava non poco. Poi, l’arrivo di Sandro sgravò Viola dai compiti di prima impostazione e il giocatore disputò il resto della stagione a ottimi livelli, tanto da essere richiesto quest’estate da alcune squadre di Serie A.

Un altro dato negativo emerso ieri è quello relativo alla mancanza di ricambi a centrocampo in conseguenza dei problemi muscolari di Bandinelli e dell’infortunio patito da Del Pinto. Bukata fin qui non è stato mai arruolabile e, conseguentemente, i centrocampisti utilizzabili sono stati solo 5, vista l’inesperienza di Volpicelli. Troppo pochi per una formazione che attua il 4-3-3 come modulo base.

Le difficoltà sulle fasce

Tornando, inoltre, alla mancanza di sbocchi sulle fasce vanno sottolineate anche le prestazioni non all’altezza delle aspettative degli esterni d’attacco che, se si eccettua Insigne, hanno finora lasciato solo intravedere le loro potenzialità, così come è mancato il supporto degli esterni difensivi. Gyamfi, ad esempio, non se l’è cavata malissimo nella fase difensiva ma è stato assolutamente inadeguato dal punto di vista della costruzione. Lo stesso Maggio è fin qui apparso arrugginito, al pari dell’altro vecio Nocerino, e Letizia spesso si è intestardito nell’effettuare innocui cross dalla trequarti con il piede destro.

La prevedibilità del gioco

Insomma, sono ancora tanti i problemi che affliggono il Benevento in una fase della stagione in cui non sono più consentiti troppi passi falsi e a preoccupare è soprattutto la prevedibilità della squadra di Bucchi, incapace di trovare delle alternative ad un modulo di gioco ormai facilmente neutralizzabile dagli avversari.

Benevento-Ascoli trentanove anni dopo

C’è un filo rosso che lega la città di Benevento all’indimenticato “presidentissimo” dell’Ascoli, Costatino Rozzi: lo stadio Ciro Vigorito, che inizialmente si chiamava Santa Colomba. A costruirlo alla fine degli anni Settanta, al pari al pari del Cino e Lillo Del Duca di Ascoli, del Via del Mare di Lecce, del Partenio-Adriano Lombardi di Avellino e del Nuovo Romagnoli di Campobasso, fu infatti proprio l’artefice del miracolo bianconero.

Imprenditore edile con la passione del calcio, nei suoi 26 anni al timone della società bianconera conquistò una promozione in Serie B, quattro promozioni in Serie A, una Mitropa Cup, un quarto e un sesto posto nel massimo campionato.

Il personaggio

La tenace difesa del calcio provinciale e le doti di schiettezza, simpatia e verve popolare, fecero di Rozzi una vera icona del calcio della sua epoca, assieme ad altri storici presidenti come Romeo Anconetani, Angelo Massimino e Antonio Sibilia.

Fu anche un grande visionario. Nel lontano 1979 disse: “A lungo andare avremo un campionato europeo con le più grosse società di ciascun Paese e, parallelamente, un altro campionato a carattere nazionale se non addirittura regionale con le altre. Juve, Inter, Milan, Torino finiranno inevitabilmente nell’élite e le altre migliori si misureranno in un diverso torneo. Non c’è via d’uscita. Certo all’inizio avremo un trauma non indifferente ma quando ci saremo abituati tutto sembrerà più normale.“ All’epoca fu sbeffeggiato per quelle parole, oggi quella profezia non appare poi così lontana dall’avverarsi.

Le sue apparizioni al Processo del lunedì restano un cult e non le mandava a dire nemmeno ai suoi tifosi. Una volta sorprese tutti dichiarando: “Quando si tratta di delinquenti, non ammetto che si nascondano sotto la bandiera bianconera. Contro il Bologna ho visto lo striscione con la foto di Mussolini e mi sono vergognato. Di questa gente non abbiamo bisogno.“

I calzini rossi

Era anche molto scaramantico: indossava calzini rossi in occasione di tutte le partite della sua squadra. Per questo motivo l’Ascoli, dopo la sua morte, decise di onorarne la memoria indossando i calzettoni rossi in occasione della partita di campionato più vicina all’anniversario della scomparsa (18 dicembre 1994).

Due anni fa accadde proprio a Benevento, nello stadio che Rozzi aveva costruito e anche inaugurato il 9 settembre del 1979 acconsentendo all’allestimento dell’amichevole di lusso (per l’epoca) Benevento-Ascoli nel corso della quale Paolo Saviano siglò la prima rete giallorossa al Santa Colomba.

Sabato prossimo, a trentanove anni di distanza, Benevento e Ascoli torneranno nuovamente ad affrontarsi in quello stadio che, grazie ai vari restyling operati dal presidente Oreste Vigorito, sarebbe  ancor di più che in passato motivo di grande orgoglio per l’imprenditore Costantino Rozzi.

L’inaugurazione

Le immagini della prima partita

Il ricordo di Paolo Saviano

L’anomalia di una Serie B con meno partite e più soste

Il rinvio a causa del maltempo dell’incontro in programma questa sera a La Spezia rappresenta un ulteriore ostacolo dal punto di vista psicologico per il cammino del Benevento in un campionato, quello di Serie B, che quest’anno è assolutamente diverso dai precedenti.

Le vicende relative a fallimenti, mancati ripescaggi e nuovo format a 19 squadre (ancora non definitivo) hanno in qualche misura già condizionato l’annata poiché hanno innanzitutto introdotto un anomalo turno di riposo. Una sosta forzata che, in alcuni casi, è andata ad aggiungersi allo stop per le Nazionali e che, conseguentemente, ha finito per penalizzare quelle squadre che, come il Benevento, sono state costrette a lunghe pause.

Un elemento, quest’ultimo, che indubbiamente ha spezzato il ritmo ai giocatori, soprattutto dal punto di vista mentale, in una fase della stagione in cui solitamente viene fuori la vera identità di una formazione.

Il pensiero di Bucchi

Del resto, lo stesso tecnico Cristian Bucchi, che pure non è solitamente aduso alla lamentazione, ha più volte sottolineato quest’ulteriore handicap che la sua squadra ha dovuto fin qui incontrare, passando da veri e propri tour de force a lunghe e snervanti pause. Basti pensare, ad esempio, al tempo intercorso tra le due sconfitte consecutive patite con Foggia e Pescara e le successive partite con il Livorno e la Cremonese, che hanno denotato un diverso approccio mentale da parte della squadra.

E non poteva essere diversamente, visto che con il Livorno si è scesi in campo dopo due settimane passate a rimurginare sul precedente doppio passo falso e senza avere la possibilità di cancellare subito le prime critiche della stagione. Di qui il differente approccio e la minore tensione che ha caratterizzato la pur sofferta vittoria di domenica scorsa rispetto alla precedente gara.

Ma a condizionare ulteriormente la stagione, oltre all’aleatorietà di una classifica che non pone tutte le squadre sullo stesso livello a causa della differenza di gare disputate, vi è un altro innegabile dato: il minor numero di gare da affrontare complessivamente (sei in meno se non dovesse essere riammessa l’Entella).

Improvvisi crolli e prodigiosi recuperi

Uno degli aspetti che negli ultimi anni ha reso particolarmente affascinante il campionato di Serie B è stato soprattutto quello degli improvvisi crolli o dei prodigiosi recuperi nel finale di stagione. Un effetto determinato proprio dall’alto numero di gare da disputare, che costringeva i tecnici a mettere in atto particolari accorgimenti dal punto di vista della preparazione o a far leva sulla possibilità di recupero come ulteriore stimolo da utilizzare nei momenti di difficoltà.

Di qui la profonda diversità di un’annata assolutamente anomala e sicuramente più difficile, soprattutto per quelle squadre che aspirano alla promozione in Serie A che, a differenza che in passato, non possono permettersi troppe disattenzioni nella prima parte del campionato.

La rivincita degli ex “sloveni” Coda e Billong

Tra i maggiori protagonisti delle due vittorie consecutive con Livorno e Cremonese sicuramente vanno annoverati il bomber Massimo Coda, che ha complessivamente segnato due reti, colpito un palo e confezionato un assist, e il centrale difensivo Jean-Claude Billong, vero e proprio talismano della squadra di Bucchi, perchè con lui in campo il Benevento finora non ha mai perso.

Due calciatori accomunati dal fatto di essere stati spesso al centro di feroci critiche da parte della torcida giallorossa (soprattutto lo scorso anno in Serie A) e di aver militato entrambi nel campionato di massima divisione sloveno.

Il Maribor

Il roccioso difensore franco-camerunense è stato, infatti, acquistato un anno fa proprio dal Maribor, la squadra campione di Slovenia in cui aveva, tra l’altro, collezionato ben 5 presenze in Champions League (giocando contro formazioni da urlo come Siviglia, Liverpool e Spartak Mosca).

Il Gorica

Meno nota è, invece, la parentesi slovena dell’attaccante di Cava dei Tirreni che, nel 2013, fu mandato dal Parma a farsi le ossa nella società satellite del Gorica, allenata dall’ex bandiera Gigi Apolloni.

Un’esperienza estremamente positiva, perchè l’attaccante cresciuto nella Cavese mise a segno ben 17 reti e confezionò 7 assist. Prestazioni che consentirono alla squadra di  Nova Gorica, in cui militava all’epoca anche Gianluca Lapadula, di vincere anche la Coppa di Slovenia (proprio contro l’ex squadra di Billong,il Maribor) e a Coda di essere addirittura eletto, a fine stagione, miglior giocatore del campionato sloveno.

Il destino comune

A unire i due protagonisti dell’attuale riscossa del Benevento vi sono, dunque, due aspetti: le difficoltà di ambientamento nel capoluogo sannita (entrambi, in momenti diversi, hanno addirittura chiesto di essere ceduti) e il comune passato nella PrvaLiga.

E chissà che al termine della stagione non possa esserci anche un’altro altro aspetto a unirli ulteriormente, come sperano vivamente i tifosi della Strega