Cari amici, termina oggi un’avventura iniziata il 14 giugno 2018. Un triennio nel corso del quale ho ‘accompagnato’ il cammino del Benevento Calcio con i miei post, passando dalla delusione per la sconfitta con il Cittadella nella seminale play off all’entusiasmante cavalcata verso la Serie A del Benevento targato Pippo Inzaghi. Grazie per l’interessse che avete mostrato in questi anni e buona vita a tutti!

Contro l’Alessandria il Benevento ha bisogno del sostegno dei tifosi. E si consenta almeno l’utilizzo delle sciarpe

Domani sera avrà inizio la quarta stagione in Serie B del Benevento.  Nelle precedenti tre partecipazioni la squadra giallorossa ha vinto un play off all’esordio, si è classificata 3° nella regular season successiva alla prima retrocessione dalla Serie A (perdendo i play off in semifinale ad opera del Cittadella) e ha stravinto il campionato a suon di record due stagioni fa.

Un bottino niente male dal punto di vista del rendimento (65 vittorie, 31 pareggi e 27 sconfitte) se paragonato a quello di squadre che vantano lo stesso numero di partecipazioni al campionato cadetto (Cavese, Derthona, Grion Pola, L’Aquila, Nocerina, Piombino, Pordenone,Sanremese,Savoia). Un dato quest’ultimo che, tra l’altro, evidenzia anche la straordinarietà del momento storico che sta vivendo la compagine sannita negli ultimi anni e che dovrebbe comunque indurre a un moderato ottimismo i tifosi, nonostante non sia stata ancora del tutto smaltita la delusione per una salvezza buttata via maldestramente. Eppure il clima che si respira nel capoluogo sannita non è dei migliori, ne è riprova il dato di vendita dei biglietti alla vigilia del debutto di domani sera.

Una parte della tifoseria è delusa, soprattutto quella che si è avvicinata ai colori giallorossi in tempi di vacche grasse, anche a causa di qualche messaggio sbagliato a proposito della possibilità di acquistare nomi roboanti (Ibrahimovic, Mandžukić ) o di aspirare a modelli (vedi l’Atalanta) che sono nati e si sono sviluppati prima dell’insorgere della pandemia, che ha messo definitivamente a nudo il disastroso stato di salute in cui versa il sistema calcio italiano. Ne è riprova il calciomercato della Serie A che, come ha scritto Massimiliano Gallo sul Napolista, “quest’estate, sta terribilmente somigliando a Porta Portese a mezzogiorno, quando i pochi affari possibili sono belli che andati ed è rimasta la chincagliera che per carità può anche avere il suo fascino“.

In questo rinnovato contesto economico anche il Benevento si è visto costretto a cambiare la rotta e a mettere in atto un drastico taglio dei costi, anche perchè un monte ingaggi persino superiore a quello di squadre ben più blasonate come Udinese e Verona non è certamente servito, lo scorso anno, a salvare la categoria. Nessun acquisto eclatante dunque, tanti giovani in prestito, alcuni prodotti del vivaio ormai in rampa di lancio e una base di tutto rispetto per la categoria (soprattutto se, come sembra, resteranno anche giocatori di caratura internazionale come i vari Glik, Ionita e Lapadula). Una scelta obbligata, anche alla luce delle difficoltà economiche che hanno investito negli ultimi anni alcune squadra retrocesse dalla massima serie (vedi la clamorosa esclsione del Chievo Verona, le difficoltà e il cambio di proprietà avvenuto alla Spal o il nuovo corso all’insegna del contenimento delle spese del Frosinone di Stirpe tanto per citare alcuni casi).

Il Benevento che esordirà domani sera contro l’Alessandria (che torna in B dopo 46 anni) non partirà dunque con i favori del pronostico, come è invece accaduto nelle ultime due partecipazioni al campionato cadetto), ma va certamente annoverato tra le squadre che aspirano legittimamente a conquistare i play off. I favori del pronostico, a detta di tutti, sono ad appannaggio di Parma e Monza. E questo potrebbe rappresentare un vantaggio in quanto non ci saranno, ad esempio, le pressioni che caratterizzarono l’avvio di stagione del Benevento di Bucchi, allora annoverato come squadra favorita per la vittoria finale al pari del Verona.

L’importante però sarà partire bene, avere pazienza e soprattutto non dare nulla per scontato perchè, come insegna il cammino del retrocesso Crotone nella stagione 2018-2019, un avvio deludente può cambiare il corso di un’intera stagione. Ecco perchè, domani sera, sarà fondamentale il sostegno e la presenza massiccia dei tifosi che per la prima volta, dopo un anno e mezzo di restrizioni, potranno finalmente assistere a una partita di campionato. E speriamo che il buonsenso prevalga e si consenta almeno l’utilizzo delle sciarpe, che rappresentano un importante segno distintivo e certamente non contibuiscono alla diffusione del virus ( se fosse questa la ragione del divieto) come, ad esempio, può capitare con le carte di pagamento, che pure vengono usate quotidianamente.

 

 

L’addio di Schiattarella rappresenta la fine di un ciclo e offre interessanti spunti di riflessione

La cessione di Pasquale Schiattarella al Parma chiude simbolicamente un ciclo, quello del Benevento dei record. Una squadra che, grazie al cosidetto “centrocampo delle meraviglie“, due anni fa nel torneo cadetto stracciò le avversarie a suon di record . Un pacchetto mediano formato, oltre che dal geometrico atleta di Mugnano, anche dall’inesauribile Perparim Hetemaj e dal funanbolico Nicolas Viola. Un mix perfetto di esperienza, intelligenza tattica, dinamismo ed estro difficilmente replicabile in Serie B. Nel calcio, come nella vita, c’è però un inizio e una fine, e la rocambolesca retrocessione della passata stagione ha chiuso definitivamente questo ciclo obbligando la società a operare una rivoluzione anche dal punto di vista anagrafico, oltre che di contenimento dei costi.

Di quella squadra, le cui gesta resteranno per sempre scolpite nella mente dei tifosi giallorossi, Pasquale Schiattarella è stato il leader indiscusso, il giocatore in grado di prenedere la squadra per mano nei momenti difficili durante la trionfale cavalcata nella serie cadetta. Quel leader che, ad esempio, era mancato a Bucchi nella stagione precedente. Nella massima serie il centrocampista cresciuto nel vivaio giallorosso ha poi disputato un girone d’andata da favola, al punto che Gigi Garanzini sulla Stampa lo inserì nella squadra ideale accanto a i vari Ronaldo e Lukaku.

Poi, c’è stato lo stop per il Covid e il successivo litigio in allenamento con Roberto Insigne, episodio che ha rappresentato una sorta di spartiacque. Se prima i suoi inviti alla concretezza (ricordate il famoso “basta tacco e punta” rivolto ai compagni d’attacco?) venivano elogiati, dopo quell’episodio ogni gesto del centrocampista di Mugnano è stato minuziosamente vivisezionato, fino al famoso battibecco con Tello nel finale della gara con il Crotone che di fatto lo ha reso inviso a una parte della tifoseria giallorossa.

Ma i leader restano tali nel bene e nel male. Lo sa bene Schiattarella che, dopo settimane di sofferto silenzio e scrupoloso impegno nella preparazione precampionato (nonostante avesse le valigie già pronte), si è congedato da vero leader e ha soprattutto offerto una preziosa chiave di lettura su quanto accaduto nei mesi precedenti:  “E’ normale che io sia anche stato oggetto di critiche per la salvezza mancata: quando si hanno delle responsabilità, ci sono degli onori ma anche e soprattutto degli oneri di cui farsi carico. Posso però garantire che nei momenti di difficoltà ho dato tutto me stesso e ho cercato di fare in modo che si potesse andare tutti in una stessa direzione. Spesso infatti succede che di fronte alle criticità, non tutti diano il massimo di se stessi o che non tutti vogliano remare nella medesima direzione, ma ognuno di noi ha il controllo diretto solo sulle proprie azioni“.

Parole che dovrebbero indurre alla riflessione perchè le colpe, al pari del torto e della ragione di manzoniana memoria, non possono essere imputate in capo a una sola persona.

 

Grazie Pippo e buona fortuna!

Che Pippo Inzaghi e il Benevento fossero destinati a separarsi al termine della stagione, lo si era intuito da tempo. Purtroppo è avvenuto nel peggiore dei modi, e cioè con la retrocessione in Serie B della squadra giallorossa. Ed è ovvio che, secondo le ben note leggi del calcio, il primo a finire sul banco degli imputati è stato proprio il tecnico, che negli ultimi mesi è apparso in evidente difficoltà di fronte al progressivo disfacimento della sua squadra.

Cinque maledetti mesi che però non possono in alcun modo cancellare il momento più bello vissuto dalla tifoseria giallorossa nella sua ultranovantennale storia calcistica: la trionfale vittoria del campionato di Serie B a suon di record. Otto per la precisione. Il nome di Pippo Inzaghi resterà dunque per sempre legato alla storia calcistica del Benevento. Dimenticarlo sarebbe da ingrati.

Ma c’è un motivo in più per ricordare con affetto e gratitudine l’ex bomber del Milan e della Nazionale: la sua venuta nel Sannio ha regalato enorme visbilità mediatica alla squadra, e più in generale alla città di Benevento: si va dalla copertina di SportWeek al servizio delle Iene, passando per le varie trasmissioni televisive nazionali e i social.

Ci sono insomma tanti buoni motivi per ringraziare Pippo Inzaghi e augurargli il meglio per il futuro.

La tifoseria del Benevento ha confermato di essere da Serie A

I bilanci si fanno sempre alla fine, nella vita come nello sport. Lo hanno compreso bene i tifosi della Curva Sud, che hanno difeso tecnico e squadra quando bisognava far quadrato, hanno interloquito con i calciatori lontano dai riflettori nel momento di maggiore difficoltà e, infine, hanno tracciato un bilancio finale a bocce ferme.

In pratica, la Curva Sud ha dimostrato grande senso di responsabilità rifuggendo da inutili e dannose tentazioni di protagonismo perché in ballo c’era la permanenza nella massima serie, un obiettivo primario per una terra – il Sannio Beneventano – che nel calcio ha trovato una forma di riscatto e soprattutto di promozione territoriale.

Quel senso di responsabilità che ha contraddistinto anche larghissima parte della stampa, come ha tenuto a sottolineare lo stesso presidente giallorosso Oreste Vigorito dopo il disastroso pareggio interno con il Crotone.

In questo senso bastava fare un piccolo passo all’indietro nel tempo, magari con l’ausilio di Google, per comprendere che le pressioni esterne anche in passato hanno rappresentato una sorta di tallone d’Achille del Pippo Inzaghi allenatore. Era infatti già accaduto al Bologna e, prim’ancora, al Milan, a differenza di Venezia e del primo anno a Benevento, dove senza pressioni ha dato il meglio da allenatore.

Ascoltando le parole di Billy Costacurta (secondo 0:24), dopo un Udinese-Milan di qualche anno fa, sembra di rivedere in qualche misura le scene viste in campo nel corso delle ultime esibizioni casalinghe del Benevento.

 

Di qui, dunque, la scelta di grande responsabilità operata dalla stragrande maggioranza dei tifosi e da larghissima parte della stampa, pur non abdicando quest’ultima al sacrosanto e legittimo diritto di critica. Ognuno, poi, l’ha fatto assecondando il proprio stile e la propria indole caratteriale. Si poteva fare diversamente per contribuire a salvare la categoria? Non lo sapremo mai, mancherà sempre la controprova.

L’unico dato certo è rappresentato dalla cocente delusione per una salvezza maldestramente buttata alle ortiche. Un fallimento che, sia pure in percentuale diversa, coinvolge l’allenatore, il direttore sportivo, i calciatori e anche lo stesso presidente (che l’ha già prontamente ammesso) perché, come affermò Alessandro Manzoni, la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro. Lo stesso discorso vale per le responsabilità.

Chi certamente non ha nulla da rimproverarsi, ancora una volta, è dunque la tifoseria. Pur costretta a disertare gli stadi a causa della pandemia, non ha mai fatto mancare il proprio sostegno alla squadra. L’ha seguita con passione nell’unico modo possibile ai tempi del Covid (ad attestarlo sono i dati d’ascolto televisivi), ha gioito nelle vittorie e pianto nelle sconfitte. Insomma, ha fatto la sua parte fino all’ultimo istante, confermandosi una tifoseria da Serie A.

Assieme alla passione del presidente Vigorito, che nel momento più buio ha già dato ampie rassicurazioni sul futuro,  rappresenta l’unica certezza da cui ripartire. Il tempo dell’amarezza, dello sfogo e della legittima rabbia passerà per far posto nuovamente alla passione giallorossa. Quella, si sa, è indistruttibile e prescinde dalla categoria e dai calciatori. E’ un marchio impresso a fuoco sulla pelle.

 

 

La stella del Benevento ha brillato solo due mesi

Quello che andava assolutamente evitato purtroppo si è concretizzato: la sfida Benevento – Cagliari, in programma domenica prossima al Ciro Vigorito, sarà una battaglia all’ultimo sangue, la madre di tutte le partite.

La squadra giallorossa ci arriva in evidente affanno (un solo punto nelle ultime cinque partite) e soprattutto con il pesante fardello di una fragilità psicologica più volte emersa nei momenti topici della stagione. La squadra allenata da Semplici ci arriva invece al top, forte dell’eccellente condizione mentale derivante dai dieci punti racimolati nelle ultime quattro gare (l’ultimo dei quali strappato con i denti contro una delle squadre più in forma del momento). Sulla carta, dunque, i pronostici sono dalla parte dei sardi, ma la speranza dei tifosi sanniti resta saldamente aggrappata alla dea Eupalla, la divinità che secondo Gianni Brera assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi e talvolta regala verdetti sorprendenti e inattesi.

Quella dea Eupalla che, ad esempio, accompagnò le gesta dei ragazzi di Inzaghi nella trasferta all’Allianz Stadium (unico acuto di un girone di ritorno disastroso) o nei play off che regalarono la prima e insperata promozione della Strega in Serie A. Ragion per cui occorre sempre crederci, anche quando la ragione sembra lasciare poco margine alle speranze.

Ma affinché si possa sovvertire un destino apparentemente ineluttabile occorre che il Benevento torni a essere la squadra brillante e volitiva che tra l’ottava (trasferta di Firenze) e la sedicesima giornata (trasferta di Cagliari) raggranellò la bellezza di ben16 punti in 9 partite (con una media di 1,77 punti a partita). In pratica solo due mesi, tra novembre e inizio gennaio, in cui la stella dei giallorossi ha veramente brillato, prima di oscurarsi. E’ dunque sbagliato parlare di girone d’andata da sogno e girone di ritorno da incubo perché la stagione della Strega va suddivisa in tre tronconi.

Nel primo, che va dalla vittoria di Marassi contro la Sampdoria al clamoroso tonfo interno con lo Spezia, sì è visto all’opera un Benevento coraggioso e spettacolare ma fragile in difesa. Cinque punti in sette gare, una media di 0,71 punti a partita, una difesa colabrodo (20 gol subiti con una media di 2,85 gol a partita), un attacco sprecone (solo 10 reti realizzati e una media di 1,42 reti a partita), 16° posto in classifica e un solo punto di vantaggio sulla zona rossa della classifica.

Poi, a Firenze il deciso cambio di passo con un assetto più prudente e qualche cambio in formazione. Da quel momento, e fino alla vittoria esterna di Cagliari (16° giornata), il Benevento ha innalzato la media punti a partita da 0,71 a 1,77 e soprattutto ha decisamente migliorato la fase difensiva (6 gol subiti in 9 partite con una media di 0,66 gol subiti a partita rispetto alla precedente di 2,85) pur continuando a mostrare una certa sterilità offensiva (solo 9 gol all’attivo, e cioè 1 rete a partita). Alla 16° giornata il Benevento era saldamente ancorato al 10° posto in classifica (parte sinistra della graduatoria) con un rassicurante vantaggio di 9 punti sulla zona rossa.

Dalla sconfitta interna con l’Atalanta del 9 gennaio (1-4) è poi iniziata la lenta e progressiva discesa dei giallorossi verso gli inferi della classifica: 10 soli punti (3 dei quali frutto dell’unica vittoria allo Stadium) in 18 gare con una media di 0,55 punti a partita. E soprattutto la difesa ha iniziato nuovamente a imbarcare acqua subendo la bellezza di 42 reti (una media di 2,33 reti a partita a fronte della precedente di 0,66), mentre l’attacco con 8 reti realizzate in altrettante partite ha invece confermato il precedente trend.

La differenza sta dunque tutta in questa maggiore fragilità difensiva, che in certe partite è stata persino attenuata dai ‘miracoli’ di Montipò e alla quale non hanno giovato nemmeno gli espedienti tattici messi via via in pratica da Inzaghi (vedi, ad esempio, il frequente ricorso al 3-5-2).

Anzi, i continui cambi di modulo e di posizione dei giocatori per trovare la giusta quadra hanno finito addirittura per minare le residue certezze dei calciatori. E così il Benevento è lentamente precipitato sull’orlo del baratro.

A quattro giornate dal termine non ci sono quindi alternative: o la Strega ritrova la compattezza difensiva, la concentrazione e lo spirito pugnace dei “due mesi d’oro” (ingredienti indispensabili anche per guadagnarsi i favori della dea Eupalla), oppure il destino dei giallorossi in quest’ultimo mese di campionato è irrimediabilmente segnato.