La tifoseria del Benevento ha confermato di essere da Serie A

I bilanci si fanno sempre alla fine, nella vita come nello sport. Lo hanno compreso bene i tifosi della Curva Sud, che hanno difeso tecnico e squadra quando bisognava far quadrato, hanno interloquito con i calciatori lontano dai riflettori nel momento di maggiore difficoltà e, infine, hanno tracciato un bilancio finale a bocce ferme.

In pratica, la Curva Sud ha dimostrato grande senso di responsabilità rifuggendo da inutili e dannose tentazioni di protagonismo perché in ballo c’era la permanenza nella massima serie, un obiettivo primario per una terra – il Sannio Beneventano – che nel calcio ha trovato una forma di riscatto e soprattutto di promozione territoriale.

Quel senso di responsabilità che ha contraddistinto anche larghissima parte della stampa, come ha tenuto a sottolineare lo stesso presidente giallorosso Oreste Vigorito dopo il disastroso pareggio interno con il Crotone.

In questo senso bastava fare un piccolo passo all’indietro nel tempo, magari con l’ausilio di Google, per comprendere che le pressioni esterne anche in passato hanno rappresentato una sorta di tallone d’Achille del Pippo Inzaghi allenatore. Era infatti già accaduto al Bologna e, prim’ancora, al Milan, a differenza di Venezia e del primo anno a Benevento, dove senza pressioni ha dato il meglio da allenatore.

Ascoltando le parole di Billy Costacurta (secondo 0:24), dopo un Udinese-Milan di qualche anno fa, sembra di rivedere in qualche misura le scene viste in campo nel corso delle ultime esibizioni casalinghe del Benevento.

 

Di qui, dunque, la scelta di grande responsabilità operata dalla stragrande maggioranza dei tifosi e da larghissima parte della stampa, pur non abdicando quest’ultima al sacrosanto e legittimo diritto di critica. Ognuno, poi, l’ha fatto assecondando il proprio stile e la propria indole caratteriale. Si poteva fare diversamente per contribuire a salvare la categoria? Non lo sapremo mai, mancherà sempre la controprova.

L’unico dato certo è rappresentato dalla cocente delusione per una salvezza maldestramente buttata alle ortiche. Un fallimento che, sia pure in percentuale diversa, coinvolge l’allenatore, il direttore sportivo, i calciatori e anche lo stesso presidente (che l’ha già prontamente ammesso) perché, come affermò Alessandro Manzoni, la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro. Lo stesso discorso vale per le responsabilità.

Chi certamente non ha nulla da rimproverarsi, ancora una volta, è dunque la tifoseria. Pur costretta a disertare gli stadi a causa della pandemia, non ha mai fatto mancare il proprio sostegno alla squadra. L’ha seguita con passione nell’unico modo possibile ai tempi del Covid (ad attestarlo sono i dati d’ascolto televisivi), ha gioito nelle vittorie e pianto nelle sconfitte. Insomma, ha fatto la sua parte fino all’ultimo istante, confermandosi una tifoseria da Serie A.

Assieme alla passione del presidente Vigorito, che nel momento più buio ha già dato ampie rassicurazioni sul futuro,  rappresenta l’unica certezza da cui ripartire. Il tempo dell’amarezza, dello sfogo e della legittima rabbia passerà per far posto nuovamente alla passione giallorossa. Quella, si sa, è indistruttibile e prescinde dalla categoria e dai calciatori. E’ un marchio impresso a fuoco sulla pelle.

 

 

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