L’addio di Schiattarella rappresenta la fine di un ciclo e offre interessanti spunti di riflessione

La cessione di Pasquale Schiattarella al Parma chiude simbolicamente un ciclo, quello del Benevento dei record. Una squadra che, grazie al cosidetto “centrocampo delle meraviglie“, due anni fa nel torneo cadetto stracciò le avversarie a suon di record . Un pacchetto mediano formato, oltre che dal geometrico atleta di Mugnano, anche dall’inesauribile Perparim Hetemaj e dal funanbolico Nicolas Viola. Un mix perfetto di esperienza, intelligenza tattica, dinamismo ed estro difficilmente replicabile in Serie B. Nel calcio, come nella vita, c’è però un inizio e una fine, e la rocambolesca retrocessione della passata stagione ha chiuso definitivamente questo ciclo obbligando la società a operare una rivoluzione anche dal punto di vista anagrafico, oltre che di contenimento dei costi.

Di quella squadra, le cui gesta resteranno per sempre scolpite nella mente dei tifosi giallorossi, Pasquale Schiattarella è stato il leader indiscusso, il giocatore in grado di prenedere la squadra per mano nei momenti difficili durante la trionfale cavalcata nella serie cadetta. Quel leader che, ad esempio, era mancato a Bucchi nella stagione precedente. Nella massima serie il centrocampista cresciuto nel vivaio giallorosso ha poi disputato un girone d’andata da favola, al punto che Gigi Garanzini sulla Stampa lo inserì nella squadra ideale accanto a i vari Ronaldo e Lukaku.

Poi, c’è stato lo stop per il Covid e il successivo litigio in allenamento con Roberto Insigne, episodio che ha rappresentato una sorta di spartiacque. Se prima i suoi inviti alla concretezza (ricordate il famoso “basta tacco e punta” rivolto ai compagni d’attacco?) venivano elogiati, dopo quell’episodio ogni gesto del centrocampista di Mugnano è stato minuziosamente vivisezionato, fino al famoso battibecco con Tello nel finale della gara con il Crotone che di fatto lo ha reso inviso a una parte della tifoseria giallorossa.

Ma i leader restano tali nel bene e nel male. Lo sa bene Schiattarella che, dopo settimane di sofferto silenzio e scrupoloso impegno nella preparazione precampionato (nonostante avesse le valigie già pronte), si è congedato da vero leader e ha soprattutto offerto una preziosa chiave di lettura su quanto accaduto nei mesi precedenti:  “E’ normale che io sia anche stato oggetto di critiche per la salvezza mancata: quando si hanno delle responsabilità, ci sono degli onori ma anche e soprattutto degli oneri di cui farsi carico. Posso però garantire che nei momenti di difficoltà ho dato tutto me stesso e ho cercato di fare in modo che si potesse andare tutti in una stessa direzione. Spesso infatti succede che di fronte alle criticità, non tutti diano il massimo di se stessi o che non tutti vogliano remare nella medesima direzione, ma ognuno di noi ha il controllo diretto solo sulle proprie azioni“.

Parole che dovrebbero indurre alla riflessione perchè le colpe, al pari del torto e della ragione di manzoniana memoria, non possono essere imputate in capo a una sola persona.

 

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