Non basta la vittoria, il Benevento è ora a caccia di record

La misura dello straordinario cammino compiuto dal Benevento in questa prima metà del campionato emerge dalle parole pronunciate ieri da Nicolas Viola davanti ai microfoni di Ottochannel: l’obiettivo – ha spiegato il centrocampista – è quello di vincere il campionato. Dunque, sei mesi fa si parlava di promozione diretta in Serie A, ora invece di vincere (o meglio stravincere) il campionato.

E a suggellare lo straordinario balzo in avanti delle ambizioni giallorosse ci ha poi pensato lo stesso Pippo Inzaghi che, anche per tenere sulla corda i suoi ragazzi, ha lasciato intendere che a lui i vari record in ballo stanno particolarmente a cuore. Non a caso ha ricordato che il suo Benevento ha la miglior difesa d’Europa e che il cammino della Strega è assimilabile a quello della Juventus dei record del 2006/2007, squadra che annoverava campioni del calibro di Del Piero, Buffon, Camonaresi, Nedved e Trezeguet. Non la semplice vittoria del campionato, dunque, ma una cavalcata a suon di record, un’impresa storica insomma.

E’ racchiusa tutta in questo deciso scatto in avanti, quindi, la misura della straordinaria crescita di una squadra che, puntellata al punto giusto in estate dal diesse Pasquale Foggia, ha saputo trasformare l’amarezza della cocente eliminazione ai play off dello scorso anno in una feroce voglia di riscatto.

In fondo il più grande merito di Super Pippo, e lo si era intuito sin dalle prime amichevoli estive, è stato proprio quello di ‘entrare’ nella testa dei suoi calciatori. L’esempio più evidente è rappresentato proprio dalla grinta di Nicolas Viola e dal suo preziosissimo apporto in termini di sacrificio.

Questa squadra ha un’anima. La stessa che aveva il tecnico piacentino quando terrorizzava le difese avversarie. E, come il suo tecnico, vuole ritagliarsi un posto nella storia.

 

Le inseguitrici del Benevento sono ormai prossime alla rassegnazione

“Dopo l’ennesima vittoria, le inseguitrici del Benevento sono prossime alla rassegnazione: non siamo ancora al giro di boa e l’unica lotta che pare ancora aperta, in chiave promozione diretta, è quella per il secondo posto, che il Pordenone (in ritardo di 9 punti) ha blindato battendo ieri sera l’Ascoli (2-1, gol friulani di Burrai e Strizzolo e rete marchigiana nel finale di Cavion) lasciando che il vantaggio dei giallorossi sul terzo posto restasse di 14 lunghezze. Le parole di Nesta («Il Benevento ormai è andato») pesano come macigni sulla traiettoria del torneo cadetto, un campionato che finora ha avuto una sola, indiscussa padrona. La Strega quel 2 ce l’ha stampato a caratteri cubitali dietro la veste, ha inforcato la scopa ed è decollata alla velocità della luce verso il pianeta serie A. Sarà difficile riprenderla: sotto il braccio ha un pallottoliere, le serve come promemoria per i record che sta inanellando”.

A scriverlo è oggi Luigi Trusio sul Mattino che, poi, ricorda i tanti record agguantati dalla Strega:

“Come i 40 punti dopo 17 giornate che offrono una proiezione finale vicina a quota 90, meglio del record del Como nel torneo a 20 squadre (74 nel 2001/02), ma anche del Palermo in quello a 22 (86 nel 2013/14) e dell’accoppiata Palermo-Cagliari in quello a 24 (83 nel 2003/04). O come le sole 8 reti al passivo (una soltanto nelle ultime 8 gare), col 12esimo clean-sheet (quinto di fila), la porta di Montipò inviolata da 512 minuti. O come gli 8 successi su 9 in casa, con appena due gol subiti e 25 punti conquistati sui 27 a disposizione in quel «Ciro Vigorito» divenuto più impenetrabile di Fort Knox. Si potrebbe continuare all’infinito per decantare le gesta di questo Benevento, del capolavoro della triade Vigorito-Foggia-Inzaghi e di uomini e azioni che gli orbitano intorno, ma la verità è che non siamo ancora al traguardo di metà stagione e bisogna rimanere distaccati dalle emozioni, inchiodati sul pezzo”.

Un cammino travolgente, insomma, ma che ancora non basta per sentirsi già in Serie A.

“Forse non ci sono nemmeno più parole per narrare i primi 17 capitoli di un’impresa epica, ma la seconda parte e il finale sono ancora tutti da scrivere. Tante battaglie non fanno una guerra, ed è per questo che il generale Pippo si gode l’attimo, sorride compiaciuto, ma un istante dopo è già calato nello step successivo”.

Benevento primo nella classifica degli ingaggi, ma più parsimonioso rispetto allo scorso anno

La Gazzetta dello Sport pubblica oggi la classifica degli ingaggi della Serie B. Classifica che vede il Benevento al primo posto con un monte ingaggio complessivo di 14.235.093 euro.

Scrive Nicola Binda sulla rosea:

Oreste Vigorito è un presidente tanto munifico quanto appassionato. Da anni investe tanto per il suo Benevento e l’ha fatto anche quest’anno per tornare in A, rinforzando una squadra già forte. Con stipendi da categoria superiore, vedi quelli di Sau, Hetemaj e Schiattarella che si sono aggiunti ai vari Maggio, Viola, Coda e gli altri. Vigorito spende, Inzaghi fa volare la squadra. E lo stesso sta facendo Nesta con il Frosinone, secondo monte ingaggi della B, ora terzo in classifica e rivale sabato della capolista. Facile vero? Non sempre, perché i flop non mancano: Cremonese ed Empoli svettano come stipendi ma non come rendimento sul campo”.

A tal proposito va ricordato però che anche lo scorso anno il Benevento, secondo i dati pubblicati dal quotidiano online Cittadellaspezia.com, aveva il monte ingaggi più alto della serie cadetta (17.393.000 euro), senza che ciò determinasse lo straordinario cammino di questa prima parte della stagione.

Facendo, inoltre, un raffronto tra le due classifiche emerge chiaramente che la società del patron Oreste Vigorito, nonostante l’arrivo di calciatori svincolati come Sau, Hetemaj, Kragl e Schiattarella (che non hanno comportato alcun esborso economico da parte della società ma solo l’elargizione di un adeguato ingaggio per superare la concorrenza delle rivali), ha comunque operato un taglio del monte ingaggi rispetto alla passata stagione.

Segno tangibile, quindi, della nuova era inaugurata dal club giallorosso con la promozione di Pasquale Foggia al ruolo di direttore sportivo. Un’era contrassegnata da un occhio più attento ai bilanci e al fair play finanziario, senza perdere di vista però l’obiettivo della promozione in Serie A e del contestuale consolidamento societario, perchè stavolta il Benevento, in caso di promozione, vorrà recitare un ruolo da protagonista anche nella massima serie.

Ricordate la diffidenza di tanti tifosi quando Vigorito parlò di progetto triennale?

Quando due estati fa il presidente Oreste Vigorito parlò di progetto triennale furono in molti a storcere il naso. Il Benevento era appena retrocesso e nella mente di molti era ancora troppo vivo il ricordo della doppia storica promozione per accontentarsi di un progetto a lungo termine.

La voglia di rivincita era tanta, come del resto solitamente accade nelle piazze appena retrocesse, e in tanti avevano sottovalutato le parole di De Zerbi a proposito delle inevitabili difficoltà ambientali che incontrano le squadre dopo una retocessione.

Il patron giallorosso, invece, aveva fatto tesoro delle parole del  tecnico uscente ed aveva anche capito che occorreva creare le condizioni per tornare in Serie A, ma soprattutto per rimanerci il più a lungo possibile.

Del resto la prima pietra della nuova costruzione l’aveva già sistemata a fine gennaio promuovendo lo ‘sbarbatello’ Pasquale Foggia nel ruolo di direttore sportivo. Una scelta rivelatasi azzeccatissima perchè proprio l’ex funambolo di Soccavo in estate mise in atto un vera e propria rivoluzione ingaggiando ben 16 nuovi giocatori. E nel successivo mercato di gennaio andò a pescare in Germania il ‘desaparecidos’ Luca Caldirola, divenuto oggi una delle colonne portanti della squadra.

Costruita la base, nell’ultima sessione di mercato estiva l’ex attaccante di Lazio e Cagliari ha infine puntellato ulteriormente la rosa con l’ingaggio di giocatori del calibro di Kragl, Sau, Schiattarella ed Hetemaj, molto ambiti anche da squadre di Serie A e arrivati nel Sannio senza alcun esborso economico da parte della società. In pratica un vero e proprio capolavoro di mercato.

Ed è stata proprio l’amicizia tra Foggia e Pippo Inzaghi, nata nei ritiri della Nazionale, che ha anche consentito al presidente Vigorito di ingaggiare Super Pippo come allenatore. Un’altra felicissima intuizione del “re del vento”, insomma, come attesta l’inarrestabile cammino del Benevento in questa prima parte del torneo cadetto.

Inzaghi in questi pochi mesi alla guida della Strega ha infatti convinto anche i più scettici rivelandosi un grande motivatore oltre che un attento conoscitore dei meccanismi tattici. Ha innanzitutto iniettato grande positività in un ambiente incupito dall’amaro epilogo dei play off dello scorso anno. Ha poi dedicato grandissima attenzione alla fase difensiva che, lo scorso anno, era stata il tallone d’Achille della formazione allenata da Cristian Bucchi ed ha infine forgiato un gruppo molto unito. Aspetti, quest’ultimi, che in caso di promozione nella massima serie rappresenteranno un’ottima base da cui partire per affrontare adeguatamente il torneo.

Basterà, quindi, operare i giusti innesti, e il buon Pasquale Foggia è già silenziosamente al lavoro in questo senso, per poter aspirare a una salvezza tranquilla e inziare a pensare al successivo step di crescita. Sì, perchè il progetto triennale del presidente Vigorito, a differenza dei piani quinquennali della vecchia Unione Sovietica, hanno una base solida e sono supporati dalle sue geniali intuizioni (vedi appunto la scelta di Foggia e Inzaghi).

E, poi, a dispetto del profilo basso scelto negli ultimi anni, l’obiettivo il patron giallorosso l’ha in qualche modo esplicitato in questi ultimi mesi: “Torneremo in Serie A e, stavolta, per restarci a lungo“. Insomma, la strada è tracciata e pazienza se qualcuno, come un vecchio grammofono in disuso, continua a pensare il contrario. A Benevento, è noto a tutti, si fa fatica a cancellare certe convinzioni, comprese quelle generate dall’amaro ma ormai lontanissimo epilogo della primavera del 1976.  Ma chi la dura la vince e il presidente Vigorito, statene certi, riuscirà a cancellare definitivamente anche queste anacronistiche reminiscenze.

L’eloquente titolo della Gazzetta: “Benevento, lezione al campionato”

“La storia del calcio è piena di fughe in vetta alla classifica. Non tutte sono uguali, soprattutto questa del Benevento. Perché arriva in uno dei campionati più incerti di sempre, con tante sfide equilibrate e nessuna squadra che prevale nettamente. Le premesse del mercato sono state azzerate dal campo, tutti sono più o meno uguali e tutti possono battere tutti. Tranne il Benevento. La squadra di Pippo Inzaghi domina, è continua e può ancora migliorare. Intanto ha ipotecato la Serie A“.

E’ quanto scrive oggi Nicola Binda sulla Gazzetta dello Sport. Per la rosea

Pippo Inzaghi ha il fuoco dentro. E’ stato uno dei più grandi attaccanti del calcio italiano e adesso si vuole imporre da allenatore. Ha avuto un solo regalo finora: la panchina del Milan. Da allora ha capito che tutto va conquistato sul campo. E dopo la sfortunata esperienza di Bologna sa anche che l’allenatore incide fino a un certo punto. E’ stato scelto (dopo la semifinale playoff persa con Bucchi) per dare alla squadra una vera mentalità vincente. E i giocatori l’hanno recepita. E’ più Conte che Sarri, ma non ha bisogno di far sputare sangue ai suoi: la squadra è forte e rende per quello che sa fare. Al resto ci pensa la società: Vigorito vede giustificati invetimenti corposi, il d.s. Foggia vede sempre più concrete le sue ambizioni. Che sono le stesse di Inzaghi”.

La Gazzetta dello Sport sonocciola poi un pò di numeri a supporto del dominio assoluto dei giallorossi e infine, a proposito della rosa, scrive:

“La squadra clamorosamente eliminata negli ultimi playoff è stata ritoccata con innesti mirati e di grande valore. Un esempio? L’infortunio di un leader come Schiattarella a pochi giorni dalla fine del mercato è stato compensato con l’arrivo di un altro big come Hetemaj. E quando il primo ha recuperato, Inzaghi è uscito dall’imbarazzo su chi lasciare fuori tra i due e Viola facendoli giocare tutti insieme. Certo, ogni volta qualche big deve stare fuori e i musi lunghi si notano: vedi Kragl. Ma la rotazione alla fine soddisfa tutti e i risultati aiutano a far tornare il sorriso anche sul volto di chi gioca meno. Se poi capita di avere un solo difensore a disposizione sui 4 in rosa e di inventarne uno senza avere compensi (vedi Gyamfi col Crotone), il gioco è fatto”.