La ricetta di Marco Bellinazzo per guarire il calcio italiano

Emigrato al nord una decina d’anni fa, il giornalista napoletano Marco Bellinazzo lavora a Il Sole 24 Ore occupandosi di giustizia, lavoro e fisco. La sua vera passione, però, è lo sport e dal 2007 si occupa anche di economia sportiva e, in particolare, dei business che ruotano attorno a mondo del calcio. Il suo blog, Calcio & business, è un imprescindibile punto di riferimento per quanti, come spiega egli stesso nella presentazione, sono convinti che “per vincere non basta più avere una buona squadra e un allenatore capace, ma servono soprattutto manager competenti e… un commercialista goleador”.

Lo scorso mese di giugno ha pubblicato il libro “La fine del calcio italiano. Perché siamo fuori dai mondiali e come possiamo tornarci da protagonisti”, edito da Feltrinelli (320 pagine – 18 euro). Un testo che racconta con dovizia di particolari tutte le nefandezze che hanno attraversato e rovinato il calcio italiano negli ultimi decenni e spiega come la Serie A avrebbe potuto essere la prima Lega a dotarsi di stadi all’avanguardia, pensati per il calcio e il suo business, e invece ha sprecato l’appuntamento storico di Italia ’90 trasformandolo in un disastro nazionale, con un fiume di soldi e corruttele che ha partorito impianti, nel migliore dei casi, inadeguati. Spiega, inoltre, come i miliardi piovuti sul campionato italiano grazie alle pay tv non siano stati impiegati in investimenti a lungo termine, nella costruzione di strutture sportive e vivai in grado di garantire il futuro del football tricolore ma siano invece stati riversati su giocatori e procuratori, oppure sottratti dalle casse dei club per coprire i dissesti delle aziende. Una vera e propria débâcle che, anche alla luce delle ultime sentenze giudiziarie e della mancata qualificazione della Nazionale ai Mondiali in Russia, non consente più di ignorare che il calcio italiano è sprofondato in una crisi da cui sarà difficile uscire.

Ma Bellinazzo non si limita alla diagnosi ma indica anche la possibile cura per uscire dalla crisi: “E’ indispensabile una rivoluzione culturale nella mentalità di tutti gli addetti ai lavori. Formazione e giovani sono il presupposto ineludibile di ogni tentativo di riforma. La creazione di centri sportivi di qualità, con un determinato numero di campi e di volumetrie per l’assistenza medica, psicologica, lo studio e la vita quotidiana degli atleti, dovrebbe essere una condizione per iscriversi al campionato”,  così come “un accordo tra i club per contenere il numero degli stranieri, almeno nelle formazioni giovanili e sotto la regia federale, potrebbe evitare ripercussioni in ambito europeo”.  Senza dimenticare, poi, che la costruzione di nuove strutture sportive e di entertainment deve essere considerata un’urgenza nazionale su cui dirottare stanziamenti pubblici. Sempre secondo Bellinazzo andrebbe inoltre operata una riforma che riduca il numero dei team professionistici con una Serie A e una Serie B a 18 squadre e una Serie C a 36, integrata da almeno quattro formazioni riserve dei team di A. Nello stesso tempo la Lega dovrebbe implementare per il futuro un proprio “canale” per produrre e distribuire contenuti sempre più appetiti da tv e media. E, soprattutto, anche alla luce di quanto avvenuto negli ultimi anni, la Federcalcio dovrebbe innalzare il livello dei controlli, anche perché le verifiche contabili in corso d’opera si stanno rivelando fallaci: “Servirebbe perciò potenziare quelle preventive, sia sulla consistenza patrimoniale dei club e finanziaria dei proprietari, che sulla fedina penale di chi frequenta uffici e spalti”.

Misure da adottare al più presto perché, come sottolinea magistralmente il giornalista partenopeo nell’ultimo paragrafo della sua preziosissma inchiesta, “l’evoluzione della Sport Industry nei prossimi anni richiederà sempre più una ingegnerizzazione dei processi creativi anche all’interno del calcio. Non ci si può rimettere alla fantasia, ai buoni propositi e all’improvvisazione. Nel football contemporaneo le squadre che sanno vincere alla fine, quasi sempre, vincono. Le squadre che sognano “soltanto” di vincere alla fine, quasi sempre, perdono”.

 

Un divorzio che parte da lontano

Lunedì sera al Vigorito è andato in scena l’ultimo atto di un divorzio, quello tra l’ex capitano Fabio Lucioni e il Benevento, che sembrava inimmaginabile il giorno della presentazione ufficiale della squadra all’hotel President. Eppure qualche segnale c’era già stato la scorsa estate quando il difensore di Terni era intenzionato ad andar via ma, forte dell’interessamento del Palermo, riuscì a strappare un contratto più “corposo” al presidente Oreste Vigorito.

Il vero spartiacque, però, è rappresentato da quello sventurato pomeriggio dello scorso 22 settembre. Lucioni era in viaggio con i compagni per Crotone quando sui media nazionali improvvisamente rimbalzò la notizia della sua sospensione perché positivo all’anabolizzante Clostebol.

Lucioni, contattato dall’Ansa, rilasciò una dichiarazione a caldo, probabilmente senza il placet della società. Una dichiarazione che tracciava irreversibilmente la linea difensiva da utilizzare in sede di giustizia sportiva: “Ho solo seguito le prescrizioni del medico del Benevento. Ho assunto, in totale buonafede, farmaci da lui indicati”. E prontamente scelse di affidare la sua difesa all’avvocato Saverio Sticchi Damiani, presidente del Lecce, mentre il patron del Benevento Oreste Vigorito si affidò invece alla collaudata sapienza dell’avvocato Eduardo Chiacchio.

E’ in quel momento che probabilmente le strade di Fabio Lucioni e del Benevento hanno iniziato a dividersi e il difensore di Terni, tra i migliori in assoluto della Serie B, ha imboccato la strada che lo ha portato, quest’estate, a vivere il ritiro per certi versi  da separato in casa, anche a causa dell’arrivo di nuovi leader nello spogliatoio (voluti soprattutto dal direttore sportivo Pasquale Foggia) mentre lui, il capitano, a causa della squalifica era costretto a guardare i compagni dalla tribuna. E Lucioni, si sa, ama sempre essere protagonista, dentro ma anche fuori dal rettangolo di gioco.

E così nell’apparentemente tranquillo ritiro di Cascia lo scorso 20 luglio è deflagrata la bomba, dopo la pubblicazione della notizia del suo trasferimento al Lecce sul sito di Gianluca Di Marzio.

Un cambio di casacca che naturalmente non è stata accolto bene da una parte della tifoseria, che lo aveva elevato a idolo, quasi al livello dell’indimenticato Carmelo Imbriani, e che quindi si è sentita profondamente tradita da una scelta maturata così repentinamente.

La contestazione del Ciro Vigorito è stata quindi la naturale conseguenza di questa forte delusione che, forse, solo il tempo potrà stemperare, perché in fondo Fabio Lucioni resta pur sempre uno dei giocatori simbolo della storica doppia promozione dalla Lega Pro alla Serie A.

In ogni caso, a conferma del fatto che a scavare un solco, divenuto via via sempre più profondo, tra la società e il calciatore sia stato quel maledetto pomeriggio di circa un anno fa c’è anche da registrare la dichiarazione rilasciata a Ottochannel dal presidente Vigorito subito dopo il match con il Lecce: “La richiesta di sospensiva è stata fatta a suo tempo dal Benevento”.

Un modo elegante per smentire le trionfalistiche dichiarazioni rilasciate dal presidente del Lecce, Saverio Sticchi Damiani, subito dopo la decisione del Tar di sospendere la squalifica, e soprattutto per confermare indirettamente la bontà della scelta operata dalla società di affidarsi all’avvocato Eduardo Chiacchio che, ricordiamolo, è considerato uno dei maggiori esperti di diritto sportivo in circolazione.

Un pareggio in rimonta che vale più di una vittoria

Ci sono pareggi che valgono più di una vittoria, soprattutto se agguantati dopo essere stati sotto di ben tre reti. La rimonta di ieri sera rappresenta insomma un segnale importante perché ha evidenziato la forza mentale del Benevento ed ha evitato un passo falso interno, alla prima di campionato, che avrebbe potuto avere ripercussioni negative sia sull’ambiente che sulla stessa autostima dei calciatori.

Una rimonta determinata soprattutto dai cambi operati da mister Bucchi che, a un certo punto, ha tentato il tutto per tutto passando dal consueto 4-3-3 a un coraggioso e più spregiudicato 4-2-4. Una mossa che, complice anche il calo atletico del Lecce, il lieve infortunio patito dall’ex Pippo Falco e alcune scelte discutibili di mister Liverani, ha cambiato il volto ad una partita fino ad allora letteralmente dominata dal Lecce. Una squadra, quest’ultima, che è apparsa molto più brillante della Strega, soprattutto dal punto di vista atletico, e che può senz’altro ambire al ruolo di protagonista.

Paradossalmente, inoltre, il pareggio è servito anche a riportare i giallorossi con i piedi per terra, dopo la storica impresa di Udine. In Serie B, come dimostrano anche lo stentato pareggio casalingo del Verona con il Padova e la clamorosa sconfitta del Crotone con il Cittadella, ogni partita nasconde un’insidia e non sono consentiti cali di tensione.

Complice il turno di riposo e la pausa per le nazionali, il Benevento avrà ora a disposizione tre settimane per correggere gli errori commessi ieri sera e soprattutto per recuperare Letizia e migliorare la condizione atletica di alcuni calciatori, a partire dai veterani Maggio e Nocerino. Di sicuro la squadra potrà contare ancora sull’apporto del pubblico che, ieri sera, ha dimostrato di poter essere l’uomo, soprattutto al Ciro Vigorito.

L’entusiasmo per il nuovo Benevento, l’altra faccia della Campania calcistica

Mentre a Napoli si addensano molte ombre sull’esordio casalingo degli azzurri contro il Milan, a Benevento, l’altra faccia della Campania calcistica, si respira un’aria di grande ottimismo in vista dell’esordio stagionale in Serie B, in programma lunedì prossimo al Ciro Vigorito contro il Lecce degli ex Fabio Lucioni, Lorenzo Venuti e Pippo Falco (protagonisti della storica promozione in Serie A).

L’attesa cresce di giorno in giorno e la società si è vista persino costretta a prorogare la chiusura della campagna abbonamenti, visto l’assalto ai botteghini da parte dei tifosi della Strega.

Finora sono state vendute oltre 8.200 tessere e il Benevento guida saldamente la relativa classifica della serie cadetta, staccando nettamente il Foggia, fermo a circa 6.800 abbonamenti, il Verona e il Lecce, ferme invece a 6.000. Inoltre, è facile prevedere che lunedì sera verrà superato il numero degli spettatori che lo scorso anno assistettero all’esordio casalingo nella massima serie contro il Bologna (11.054). Allora gli Stregoni venivano dalla travolgente cavalcata dalla C alla A, stavolta hanno alle spalle una dignitosa ma pur sempre deludente retrocessione (con annesso ultimo posto in classifica).

Eppure nel capoluogo sannita si respira un’aria serena e si nutre grande ottimismo. La squadra è stata a dir poco rivoluzionate dal presidente Oreste Vigorito, che ha scelto Cristian Bucchi per sostituire Roberto De Zerbi. Entrambi, come si ricorderà, al Napoli nella stagione 2006/2007, che decretò il ritorno in Serie A degli azzurri dopo il doloroso fallimento e la faticosa ripartenza dalla Serie C.

E dal Napoli, tra l’altro, sono arrivati anche Christian Maggio, a cui i compagni hanno affidato la fascia di capitano, e Roberto Insigne, fratello del più blasonato “Lorenzinho”. Assieme a loro è arrivato all’ombra della Dormiente anche il napoletano Antonio Nocerino che, al pari del direttore sportivo Pasquale Foggia, la maglia azzurra l’hanno solo “sfiorata”. Senza dimenticare, poi, che a completare la pattuglia di napoletani veraci ci sono anche Gaetano Letizia (da Secondigliano) e Riccardo Improta (da Pozzuoli).

Del resto anche il presidente Oreste Vigorito è originario di Ercolano, vive in una villa sul mare a Posilipo e ricorda spesso di essere stato un abituale frequentatore del san Paolo ai tempi di Diego Armando Maradona. Ma lui, a differenza di Aurelio De Laurentiis, è amato dalla propria tifoseria, a cui ha già regalato un sogno e spera di poterne regalare presto un altro.

Insomma a Benevento, l’altra faccia della Campania calcistica, si guarda al futuro con ottimismo e serenità, perché il calcio è soprattutto passione e si può gioire anche per una retrocessione, come dimostrano le immagini dei tifosi sanniti in festa in occasione dell’ultima partita in Serie A dello scorso anno.

 

(tratto dal Napolista)

La rosa del Benevento è tra le più esperte e “italiane” della Serie B

Con l’arrivo in extremis dell’esterno d’attacco Cristian Bonaiuto si è chiuso un mercato estivo che, secondo la Gazzetta dello Sport, è da 8 in pagella e pone il Benevento, assieme a Verona, Brescia, Cremonese, Crotone, Palermo, Salernitana e Lecce, tra le squadre regine.

Nel Sannio sono arrivati complessivamente 16 nuovi giocatori: i portieri Lorenzo Montipò e Pier Graziano Gori, i difensori Massimo Volta, Alessandro Tuia, Gianluca Di Chiara (fine prestito) e Christian Maggio, i centrocampisti Andres Tello, Filippo Bandinelli, Antonio Nocerino, Martin Bukata e gli attaccanti Cy Goddard, Riccardo Improta, Federico Ricci, Roberto Insigne, Cristian Bonaiuto e Raul Asencio.

E, soprattutto, sono stati riconfermati Nicola Viola e Gaetano Letizia, che pure erano stati richiesti con insistenza fino all’ultimo istante del mercato da alcune squadre di Serie A.

Secondo Trasnsfermarkt la rosa del Benevento attualmente è la sesta in assoluto come valore (22,08 mln €), dopo quelle di Palermo (30,73 mln €), Crotone (28,55 mln €), Brescia (26,85 mln €), Verona (23,30 mln €) e Perugia (22,78 mln €).

Inoltre, è tra le più esperte della Serie B con un’età media di 26,1 anni. Solo Venezia (27,4), Foggia (27,3), Cremonese (26,8), Padova (26,3), Lecce (26,3) e Livorno (26,2) vantano una rosa con un’età media superiore.

Il Benevento è poi tra le squadre che fa registrare la minore presenza di stranieri (6), assieme a Cosenza (5), Venezia (4), Padova (1) e Cittadella (0).

Altro dato interessante, riferito però ai tifosi, è infine quello degli abbonati (7.891) che pone attualmente la Strega in testa alla relativa classifica delle squadre di Serie B.

Una vittoria che porta serenità nell’ambiente giallorosso

La netta vittoria del Benevento contro l’Imolese nell’esordio ufficiale al Ciro Vigorito rappresenta sicuramente un buon viatico per il tecnico Cristian Bucchi perché porta serenità in un ambiente che nelle ultime settimane, ricordiamolo, ha dovuto fare i conti con l’inaspettato e clamoroso addio di Fabio Lucioni.

Una vicenda che sicuramente avrà inciso anche sugli equilibri dell’abbottonatissimo spogliatoio giallorosso, tra l’altro alle prese anche con la delicata scelta dell’assegnazione della fascia di capitano (affidata a sorpresa a Cristian Maggio) e con il possibile addio di Nicolas Viola che, nel post gara, ha confermato di non aver ancora raggiunto l’accordo con la società per il rinnovo del contratto.

Di qui l’importanza di una vittoria netta che, al di là dell’evidente divario tecnico esistente tra le due squadre, non era per nulla scontata in quanto ad agosto i valori tecnici, si sa, non sempre sono determinanti, come ha evidenziato lo stesso tecnico della Strega in conferenza stampa (“Sono molto contento per il risultato perché queste gare riservano sempre tante insidie”).

Sul piano squisitamente tecnico, invece, la gara ha offerto diversi spunti di riflessione perché appare evidente che l’idea di 4-3-3 di Bucchi è tutt’altra cosa rispetto a quella di De Zerbi, puntando maggiormente sull’ampiezza di campo e sulla dinamicità delle cosiddette “catene laterali”. Impostazione che, come ha sottolineato lo stesso tecnico romano, richiede molta intensità agonistica, grande equilibrio tattico e soprattutto particolare concentrazione mentale che ieri, soprattutto nel secondo tempo, a tratti è mancata anche a causa della stanchezza accumulata durante il ritiro di Cascia.

Complessivamente il bilancio è comunque positivo, anche perché bisogna tener conto dell’indisponibilità dei vari Letizia, Antei e Iemmello, oltre che dei tempi di ambientamento di Ricci, Bandinelli e Asencio e dei tempi di pieno recupero fisico di Nocerino, rimasto lungamente inattivo dopo la parentesi americana.

Il dato da tenere presente, però, è che la squadra è ancora incompleta, mancando di un centrale difensivo che sappia impostare (si tratta del limite più evidente emerso ieri sera) e di un’alternativa a Improta.

Altro aspetto, infine, da non trascurare è che l’età media della squadra scesa in campo ieri sera al Ciro Vigorito è di 29,5 anni. Una media che fa del Benevento una squadra molto forte sul piano dell’esperienza (aspetto di non poco conto in un campionato difficile come la Serie B), ma che nello stesso tempo richiede anche la necessità di avere dei ricambi adeguati per consentire ai meno giovani di poter rifiatare nel corso di una stagione che potrebbe terminare addirittura a giugno in caso di play off.

In ogni caso se il buongiorno si vede dal mattino si può essere moderatamente ottimisti per quanto visto ieri sera nell’esordio stagionale.