Gazzetta: Roberto Insigne, altro che ‘fratello di Lorenzo’

La Gazzetta dello Sport, nel consueto inserto settimanale sulla Serie B, dedica oggi un articolo a Roberto Insigne e uno all’ex capitano del Benevento Fabio Lucioni, attualmente in forza al Lecce.  “Ed ora, finalmente, può togliersi -scrive la rosea a proposito dell’attaccante del Benevento – la fastidiosa etichetta di «fratello di». Insigne, ma Roberto, non Lorenzo. Attaccante del Benevento, sparito dai radar nel finale del girone d’andata quando ha fatto molta panchina. Era stato acquistato come esterno per il 4-3-3 che Bucchi aveva scelto a inizio stagione, ma le aspettative erano altre, anche se aveva cominciato bene, primo gol nel derby con la Salernitana alla terza giornata di campionato (da subentrato). Torna titolare in casa col Livorno, stesso sistema di gioco. Ma svolta la settimana dopo contro la Cremonese quando il tecnico lo schiera più vicino a Coda e Insigne segna il secondo gol giallorosso: vittoria 2-1“.

A quel punto il tecnico Bucchi passa al 3-5-2, ritagliando per Insigne il ruolo di seconda punta al fianco di Coda, con licenza di spaziare per non dare punti di riferimento agli avversari e Insigne si trasforma: “A partire dalla gara della vigilia di Natale con il Crotone diventa titolare. Da quel momento cinque presenze e una sola gara saltata, con il Cittadella, per colpa della febbre; in più tre gol (uno con il Crotone, doppietta con il Venezia), più un assist a Coda per il pareggio a Lecce, un rigore procurato per il 2-0. Non solo, ma entra anche nel fortunoso quanto decisivo gol di Salerno, quando lascia partire il cross spedito goffamente da Micai nella sua porta. Oggi a Foggia torna titolare: per lui un bilancio discreto: 5 gol, 4 assist e 14 presenze. Lorenzo a Napoli è a quota 8 reti. Un passo avanti: nella scorsa stagione lo spread tra i due fratelli era fuori controllo: 18 a 6 (tra Latina e Parma)“.

L’intervista a Lucioni

Nell’intervista concessa a Giuseppe Calvi, invece, l’ex capitano del Benevento Fabio Lucioni ripercorre la vicenda della squalifica per doping: “Sarò per sempre grato a Saverio Sticchi Damiani. Da avvocato, mi ha difeso nella vicenda doping; poi l’ho apprezzato come presidente del Lecce: mi ha convinto a trasferirmi nel Salento. Liverani è un grande allenatore. Siamo una mina vagante nell’alta classifica, non sappiamo dove riusciremo ad arrivare“.

Dall’incubo della squalifica alla scelta di dire no al Sassuolo, Lucioni spiega: “Con mia moglie Valeria, che è di Benevento e ha fatto un master in idrokinesiterapia, condivido ogni decisione. Non mi pentirò: Lecce ha sempre il profumo della A, qui ci sono grandi progetti e stiamo benissimo, con nostro figlio Gabriele. Certo, abbiamo sofferto per l’assurda squalifica; doveva capitare proprio a me, che ho sempre evitato medicinali. E agli integratori preferisco ancora una bistecca di carne al sangue“.

Infine i progetti per il futuro: “Voglio giocare altri 6, 7 anni. Sono integro fisicamente e ho l’entusiasmo di un bambino che si diverte con il gioco più bello. Sono arrivato tardi nel calcio. Certo, a Benevento e a Lecce, dove ho un contratto sino al 2022, mi hanno trattato benissimo sul piano economico. Poi farò il corso per direttore sportivo e prenderò lezioni… private da un maestro come Pantaleo Corvino“.

Lucioni: “Non torno sui motivi dell’addio al Benevento, il tempo sarà galantuomo”

Fabio Lucioni torna a parlare della sua esperienza a Benevento e del suo rapporto con mister De Zerbi in un‘intervista concessa a Francesco Calvi del sito GianlucaDiMarzio.com.

Lo Zio si sofferma soprattutto sulla lunga squalifica per doping: “Non è stato semplice, ho vissuto momenti bui. Quando mi sono arrivate le notifiche prima della sospensiva e poi della squalifica ho sofferto tanto, ma la mia famiglia mi ha sempre aiutato a difendere la mia innocenza e ad affrontare il brutto momento. Ho imparato a guardare l’aspetto positivo dell’accaduto, ovvero che mi è stata inflitta la minor pena possibile che si possa prevedere in casi del genere. Il rammarico rimane, comunque. Ero all’esordio in Serie A e, quando mi è stato permesso di rientrare temporaneamente in campo, con i miei compagni abbiamo ottenuto 7 punti in 3 partite. Chissà, magari le cose sarebbero potute andare diversamente…”“.

Il rapporto con De Zerbi

Un altro rammarico è legato al rapporto con il tecnico Roberto De Zerbi, che lo voleva sin dai tempi del Palermo: “Mi riservava complimenti sin da quando eravamo avversari e quando è arrivato a Benevento sono riuscito a costruire con lui un bel rapporto sia dal punto di vista umano che professionale. In campo, per colpa della squalifica, è riuscito a vedermi poco. Altrimenti, magari in estate mi avrebbe pure fatto uno squillo…”.

Il trasferimento a Lecce

In compenso quest’estate è arrivata la chiamata di Saverio Sticchi Damiani: “E’ stata la chiamata del presidente del Lecce. Perché io, fino a quel momento, conoscevo soltanto lavvocato Sticchi Damiani, che mi aveva assistito davanti al TNA. Fino al giorno in cui è nata la trattativa, l’ipotesi di un mio trasferimento a Lecce non si era neppure posta”.

Un addio clamoroso e sofferto su cui l’ex capitano della Strega preferisce non alimentare ulteriori polemiche, nonostante non gli siano piaciute alcune recenti dichiarazioni del presidente Vigorito: “Non torno sui motivi del mio addio al Benevento perché sono certo che, a tal proposito, il tempo sarà galantuomo. Fatto sta che, nel giro di poche ore dalla prima chiamata del presidente, mi sono ritrovato a Lecce“.

Il sogno di tornare in Serie A

Non manca, infine, il riferimento al Benevento di Baroni che due anni fa, al pari del Lecce, era una neopromossa e alla fine sorprese tutti vincendo i play off: “La spensieratezza è la stessa che c’era nello spogliatoio due anni fa, ma adesso dobbiamo cominciare a consolidare la classifica, continuando a crescere sempre di più in vista del girone di ritorno. Se vinci due partite sei in vetta, se le perdi sei fuori dai playoff. Quest’anno il campionato è molto più breve…”.

Nonostante le difficoltà, lo Zio ci crede fermamente perchè il sogno in fondo è lo stesso dei tifosi beneventani: tornare nuovamente in Serie A.

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Un divorzio che parte da lontano

Lunedì sera al Vigorito è andato in scena l’ultimo atto di un divorzio, quello tra l’ex capitano Fabio Lucioni e il Benevento, che sembrava inimmaginabile il giorno della presentazione ufficiale della squadra all’hotel President. Eppure qualche segnale c’era già stato la scorsa estate quando il difensore di Terni era intenzionato ad andar via ma, forte dell’interessamento del Palermo, riuscì a strappare un contratto più “corposo” al presidente Oreste Vigorito.

Il vero spartiacque, però, è rappresentato da quello sventurato pomeriggio dello scorso 22 settembre. Lucioni era in viaggio con i compagni per Crotone quando sui media nazionali improvvisamente rimbalzò la notizia della sua sospensione perché positivo all’anabolizzante Clostebol.

Lucioni, contattato dall’Ansa, rilasciò una dichiarazione a caldo, probabilmente senza il placet della società. Una dichiarazione che tracciava irreversibilmente la linea difensiva da utilizzare in sede di giustizia sportiva: “Ho solo seguito le prescrizioni del medico del Benevento. Ho assunto, in totale buonafede, farmaci da lui indicati”. E prontamente scelse di affidare la sua difesa all’avvocato Saverio Sticchi Damiani, presidente del Lecce, mentre il patron del Benevento Oreste Vigorito si affidò invece alla collaudata sapienza dell’avvocato Eduardo Chiacchio.

E’ in quel momento che probabilmente le strade di Fabio Lucioni e del Benevento hanno iniziato a dividersi e il difensore di Terni, tra i migliori in assoluto della Serie B, ha imboccato la strada che lo ha portato, quest’estate, a vivere il ritiro per certi versi  da separato in casa, anche a causa dell’arrivo di nuovi leader nello spogliatoio (voluti soprattutto dal direttore sportivo Pasquale Foggia) mentre lui, il capitano, a causa della squalifica era costretto a guardare i compagni dalla tribuna. E Lucioni, si sa, ama sempre essere protagonista, dentro ma anche fuori dal rettangolo di gioco.

E così nell’apparentemente tranquillo ritiro di Cascia lo scorso 20 luglio è deflagrata la bomba, dopo la pubblicazione della notizia del suo trasferimento al Lecce sul sito di Gianluca Di Marzio.

Un cambio di casacca che naturalmente non è stata accolto bene da una parte della tifoseria, che lo aveva elevato a idolo, quasi al livello dell’indimenticato Carmelo Imbriani, e che quindi si è sentita profondamente tradita da una scelta maturata così repentinamente.

La contestazione del Ciro Vigorito è stata quindi la naturale conseguenza di questa forte delusione che, forse, solo il tempo potrà stemperare, perché in fondo Fabio Lucioni resta pur sempre uno dei giocatori simbolo della storica doppia promozione dalla Lega Pro alla Serie A.

In ogni caso, a conferma del fatto che a scavare un solco, divenuto via via sempre più profondo, tra la società e il calciatore sia stato quel maledetto pomeriggio di circa un anno fa c’è anche da registrare la dichiarazione rilasciata a Ottochannel dal presidente Vigorito subito dopo il match con il Lecce: “La richiesta di sospensiva è stata fatta a suo tempo dal Benevento”.

Un modo elegante per smentire le trionfalistiche dichiarazioni rilasciate dal presidente del Lecce, Saverio Sticchi Damiani, subito dopo la decisione del Tar di sospendere la squalifica, e soprattutto per confermare indirettamente la bontà della scelta operata dalla società di affidarsi all’avvocato Eduardo Chiacchio che, ricordiamolo, è considerato uno dei maggiori esperti di diritto sportivo in circolazione.

Un pareggio in rimonta che vale più di una vittoria

Ci sono pareggi che valgono più di una vittoria, soprattutto se agguantati dopo essere stati sotto di ben tre reti. La rimonta di ieri sera rappresenta insomma un segnale importante perché ha evidenziato la forza mentale del Benevento ed ha evitato un passo falso interno, alla prima di campionato, che avrebbe potuto avere ripercussioni negative sia sull’ambiente che sulla stessa autostima dei calciatori.

Una rimonta determinata soprattutto dai cambi operati da mister Bucchi che, a un certo punto, ha tentato il tutto per tutto passando dal consueto 4-3-3 a un coraggioso e più spregiudicato 4-2-4. Una mossa che, complice anche il calo atletico del Lecce, il lieve infortunio patito dall’ex Pippo Falco e alcune scelte discutibili di mister Liverani, ha cambiato il volto ad una partita fino ad allora letteralmente dominata dal Lecce. Una squadra, quest’ultima, che è apparsa molto più brillante della Strega, soprattutto dal punto di vista atletico, e che può senz’altro ambire al ruolo di protagonista.

Paradossalmente, inoltre, il pareggio è servito anche a riportare i giallorossi con i piedi per terra, dopo la storica impresa di Udine. In Serie B, come dimostrano anche lo stentato pareggio casalingo del Verona con il Padova e la clamorosa sconfitta del Crotone con il Cittadella, ogni partita nasconde un’insidia e non sono consentiti cali di tensione.

Complice il turno di riposo e la pausa per le nazionali, il Benevento avrà ora a disposizione tre settimane per correggere gli errori commessi ieri sera e soprattutto per recuperare Letizia e migliorare la condizione atletica di alcuni calciatori, a partire dai veterani Maggio e Nocerino. Di sicuro la squadra potrà contare ancora sull’apporto del pubblico che, ieri sera, ha dimostrato di poter essere l’uomo, soprattutto al Ciro Vigorito.

L’addio di Lucioni tra legittima delusione e imbecillità

Quando arrivò a Benevento, nell’estate del 2014, per sostituire Andrea Mengoni, uno degli idoli più acclamati dalla tifoseria giallorossa, nessuno poteva immaginare che Fabio Lucioni avrebbe conquistato un posto nella storia del club sannita come capitano della storica doppia promozione dalla Serie C alla Serie A. Allo stesso modo nessun tifoso del Benevento lo scorso 20 luglio avrebbe potuto immaginare che, di li a poco, arrivasse la notizia del suo trasferimento al Lecce. Nulla, infatti, lasciava presagire che il forte difensore originario di Terni, ma beneventano d’adozione, potesse andar via.

Insomma, un vero e proprio fulmine a ciel sereno che ha letteralmente spaccato la tifoseria giallorossa: da una parte quelli che, seppure fortemente delusi, hanno espresso comunque gratitudine nei confronti del calciatore umbro; dall’altra, invece, i consueti spargitori d’odio in servizio permanente che hanno letteralmente inondato di insulti i vari canali social di Lucioni.

Eppure, dal messaggio d’addio postato su Facebook dall’ex capitano traspariva chiaramente il profondo rammarico per un divorzio divenuto inevitabile per ragioni che il calciatore, con grande senso di responsabilità, ha preferito non esternare per non alimentare ulteriori polemiche: “Come nella vita così anche nel calcio le storie, anche le più intense, hanno un inizio e poi giungono alla fine. Ma quei colori che ho dentro nessuno me li porterà via. Addio Strega, anzi arrivederci. Perché magari ci incontreremo ancora, da avversari, ma lo sarai solo per 90 minuti. Poi tornerò ad accarezzarti così come si accarezza uno dei ricordi più belli che ti è rimasto dentro. Grazie Strega, grazie Presidente. E grazie a voi, gente di Benevento”.

A seguito dei pesanti insulti ricevuti su Facebook, persino da parte di qualche conoscente, Lucioni si è visto costretto ad intervenire nuovamente per spiegare, suo malgrado, i motivi dell’addio e respingere le pesanti accuse ricevute: E’ successo tutto in 48 ore, in quanto mi hanno detto che il mio ciclo a Benevento era finito ed ero diventato un peso. Quindi, preso atto di ciò, ho rinunciato a dei soldi (perché a Lecce guadagno anche meno al cospetto di Benevento) e sono venuto dove non sono un peso ed hanno un progetto serio ed importante improntato anche su di me. Con questo almeno ho chiarito il concetto”.

Ieri il calciatore, approfittando del giorno di riposo concesso da mister Liverani al termine del ritiro precampionato di Terminillo, è tornato in città. A chi lo ha incontrato, lungo il corso Garibaldi, ha confessato la sua amarezza per la fine di un idillio che sembrava destinato a essere eterno. Nonostante la delusione, l’attaccamento dello Zio per la città in cui ha conosciuto l’amore, è nato suo figlio e si è definitivamente consacrato come calciatore rimane immutato.

E pazienza se qualche “leone da tastiera” ha travalicato i confini della civile e legittima contestazione. In fondo, come disse Umberto Eco in una lectio magistralis tenuta all’università di Torino, nel giugno del 2015,  “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.

I veri sportivi, quelli che hanno eroicamente sostenuto il Benevento fino all’ultimo istante nella poco esaltante stagione d’esordio nella massima serie,  prima o poi smaltiranno la delusione per un addio vissuto con la stessa drammaticità di chi, all’improvviso, scopre di  essere stato tradito. E lui, Fabio Lucioni, probabilmente tornerà ad essere lo storico e indimenticabile capitano della fantastica epopea giallorossa dell’era Vigorito.